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Cannes. Alice Rohrwacher Presidente della Camera d’oro Giuria

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Dopo il duo dell’anno scorso con Emmanuelle Béart e Baloji, quest’anno la regista e sceneggiatrice italiana Alice Rohrwacher è stata scelta per presiedere la giuria della Caméra d’or.

Questo premio onora un primo lungometraggio presentato nella Selezione Ufficiale, alla Settimana della Critica o alla Quindina dei Registi. Alice Rohrwacher, il cui delicato lavoro è sbocciato a Cannes, riconoscerà a sua volta il debutto di un regista alla cerimonia di chiusura del 78° Festival di Cannes sabato 24 maggio. Nel 2024, la Camera d’or è andata a Halfdan Ulmann Tondel per Armand, che ha debuttato a Un Certain Regard.

“I primi tempi sono sempre importanti e rimangono con noi per il resto della nostra vita”, ha detto Alice Rohrwacher. Come entrare in una stanza sconosciuta, avvicinarsi alla persona amata per un primo bacio o atterrare su una riva straniera. C’è qualcosa di dorato che aloni questi momenti nella nostra memoria. È per questo che il premio più prestigioso per i primi film si chiama Caméra d’or?”

In una filmografia che abbraccia sia cortometraggi che lungometraggi, sia documentari che narrativa, Alice Rohrwacher dipinge con tocchi sottili il bagliore dorato degli inizi e la luminosità delle prime. Una figura del nuovo cinema italiano, concilia il naturalismo di De Sica e la visione onirica di Fellini in film che sono sempre al limite, tra narrazione e documentario.

Nel suo primo lungometraggio, Heavenly Body (Corpo Celeste), presentato alla Directors’ Fortnight nel 2011, Alice Rohrwacher ha esplorato un rapporto con il mondo fatto di scoperte e inizi attraverso il ritratto di una ragazza di tredici anni. Il suo secondo lungometraggio, The Wonders (Le Meraviglie), è stato selezionato per competere al

Festival di Cannes 2014 e ha vinto il Gran Premio. Questo racconto personale evoca la vita quotidiana delle giovani sorelle in una fattoria isolata e la società moderna che le raggiunge con le riprese di un reality show. Felice come Lazzaro (Lazzaro felice)

continua a sondare un ideale di innocenza perennemente afflitto dalla corruzione morale: improvvisamente liberato dal gogo di un proprietario terriero che teneva i contadini in servità, Lazzaro si trova di fronte alla violenza della città. Presentato in Concorso a Cannes nel 2018, ha legato per il premio per la migliore sceneggiatura, coronando i singolari talenti di scrittura di Alice Rohrwacher. La Chimera, considerata dalla regista come la conclusione di una trilogia formata con i suoi due precedenti lungometraggi, è stata anche presentata in concorso al Festival di Cannes nel 2023.

Ambientato sullo sfondo del traffico dell’antichità e di una parabola sul nostro rapporto con il passato, il film analizza il modo in cui le origini modellano la nostra connessione con gli altri, con la vita e con il mondo.

L’affascinante lavoro di Alice Rohrwacher, venato con il suo realismo magico, non è limitato a questi quattro lungometraggi. I documentari, il primo genere che ha assunto partecipando a film collettivi, le hanno permesso di esplorare la poesia del mondo rurale, l’importanza del passato e il tremo della gioventù (Checosamanca, 2006; 9×10

Novanta, 2014; Futura, 2021). I cortometraggi, a cui torna spesso, sono uno spazio di espressione che reinventa costantemente. Da una capsula da 16 mm per la messa in scena di un’opera (Violettina, 2016) a una cronaca di blocco (Quattro Strade, 2021) e un cortometraggio di finzione (The Pupils (Le Pupille), presentato a Cannes nel 2022), Alice Rohrwacher si è data ancora una volta all’esercizio nel 2024 co-dirigendo An Urban Allegory (Allégorie citadine) con JR, riprendendo un tema fondante del suo lavoro, L’Allegoria della grotta di Platone.

 

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